Lo studiolo d'isabella d'este.Isabella, nata a Ferrara, conosceva sia lo Studiolo di Belfiore dello zio Leonello d'Este, sia gli studioli di Urbino e di Gubbio attraverso la cognata Elisabetta Gonzaga, maritata Montefeltro. Il suo appartamento al piano nobile del castello di San Giorgio a Mantova, poco distante dalla Camera degli Sposi, si componeva di due piccoli ambienti, lo "studiolo", situato nella torretta di San Niccolò, e la "grotta", ambiente voltato a botte posto al di sotto dello studiolo cui si accedeva tramite una scala. Nello studiolo Isabella radunò le sue collezioni, che inizialmente contenevano solo pezzi di archeologia (posti nella "grotta") per poi includere anche opere contemporanee, secondo il confronto tra "antichi e moderni" che all'epoca dominava il dibattito artistico. Amava ritenersi ispiratrice di poesia, musica e arte, tanto che si guadagnò il soprannome di "decima Musa", tema ricorrente nello studiolo.
Leonardo da Vinci, Ritratto d'Isabella d'Este (1499-1500), sanguigna e carboncino con lumeggiature su carta, 61 x 46 cm, Louvre, Parigi |
Le tematicheLo studiolo si snodava su temi mitologici ed allegorici. Il primo artista contattato fu Andrea Mantegna cui spettò di dipingere il "manifesto" di questo studiolo con il Parnaso e la danza delle nove muse. Altri artisti contattati, come il cognato di Mantegna Giovanni Bellini che rinunciò, erano inibiti dal confronto, soprattutto su questi temi, col pittore mantovano. Isabella non si rassegnò e riusciì a contattare il Perugino e a imporgli il tema -dettagliatissimo- della Lotta tra amore e castità.
Andrea Mantegna, Parnaso (1497), tempera 150x192 cm Louvre, Parigi. |
Focus: il trionfo della vIrtùLa tela fu la seconda della serie di decorazioni pittoriche per lo studiolo di Isabella d'Este.
La tela si configura come una "fabula antica" affollata di numerose figure allegoriche riconoscibili dalle numerose scritte. Nel giardino simbolico della Virtù, che è stato occupato da Vizi e trasformato in palude, irrompe Minerva, simbolo delle doti intellettuali, sta scacciando un gruppo di cupidi volanti, procacciatori di amori carnali, alcuni celati da maschera di barbagianni e gufi, simbolo dell'inganno. Precedono Minerva due figure femminili armate rispettivamente di arco e frecce e di una torcia spenta, che sono state interpretate come Diana e la personificazione della Castità. Si avviano invece verso il lago, che li allontana dal giardino, una serie di vizi per lo più identificabili da cartigli. A sinistra è l'Accidia, rappresentata come una vecchia priva di braccia (per la sua incapacità di agire) condotta tramite una corda dall'Inertia, dalla camicia lacera. Segue una mostruosa figura scimmiesca, l'Odio, con la Frode e la Malizia. Il gruppetto successivo è quello della Venere terrena, del tutto calma, in contrapposizione a Minerva e trasportata dal centauro, simbolo entrambi della Lussuria, anch'essa sta abbandonando il giardino, preceduta da due donne, probabilmente due virtù che riprendono possesso del giardino. L'ultimo gruppo, descritto dai cartigli, mostra l'Iniorancia coronata che viene trasportata di peso dall'Ingratitudo e dall'Avaritia. Tornando all'estrema sinistra si scorge una rappresentazione di Dafne, quale madre delle Virtù, prigioniera dell'albero di alloro, rappresentata nella sua metamorfosi con una notevole inventiva visionaria del pittore. Le tre Virtù cardinali, che appaiono in cielo entro una nuvola rotonda: esse, espulse dal giardino a suo tempo, sono da sinistra la Giustizia, con la bilancia e la spada, la Fortezza, con la colonna, la clava e la Temperanza. |